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I DIFFICILI ANNI DELL’ADOLESCENZA

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Nell’ultimo articolo abbiamo visto come l’adolescenza costituisca il momento in cui l’adulto deve accompagnare il ragazzo a sviluppare una facoltà di giudizio autonoma. Quando l’adulto non ha coscienza di tale compito non riesce a considerare in modo costruttivo l’atteggiamento che l’adolescente assume nei suoi confronti in questo delicato passaggio. Chi dice che l’adolescenza è l’età della contestazione, prende in considerazione solo il punto di vista dell’adulto che si sente contestato, senza dare il giusto peso alla richiesta espressa da una tale contestazione. Osservando il comportamento degli adulti, anziché quello dei ragazzi, ci si accorge che nella maggior parte dei casi non fanno altro che formulare giudizi a cui – secondo il loro modo di vedere – l’adolescente dovrebbe conformarsi. I ragazzi però a questa età vedono nascere in loro il bisogno di autonomia di pensiero e non intendono più accogliere i giudizi dell’adulto come hanno bene o male sempre fatto prima. Di conseguenza non sono disposti ad arrendersi di fronte alle argomentazioni dell’adulto e appaiono come contestatori a chi non è in grado di accompagnarli nella formazione del loro proprio giudizio. Chiariamo la cosa con un esempio.
Una ragazza di 16 anni che frequenta un liceo artistico di una grande città dice alla madre che vorrebbe andare a studiare in un’altra regione, dove vivono dei suoi amici universitari. Nell’appartamento occupato da questi amici si è liberata da poco una camera e la ragazza immagina di potere andare a vivere con loro. La madre, dopo avere ascoltato la figlia, dice che non è possibile e che se lo deve togliere dalla testa. La ragazza però non si lascia convincere e continua a pensare alla sua idea, senza peraltro sapere come poterla realizzare. A prescindere dell’esito della vicenda – che considereremo più avanti –, quello che qui vogliamo far notare è la differenza tra questa situazione e quella nella quale un bambino voglia realizzare una sua idea senza il consenso del genitore. Mentre un bambino di nove o dieci anni, per quanto possa insistere per ottenere ciò che vuole, di fronte ad un adulto fermo e determinato nella maggior parte dei casi accetta il punto di vista dell’adulto, nell’adolescente ciò non avviene più come prima. Una condizione nuova, sia dal punto di vista dell’autonomia esteriore che da quello dell’autonomia del pensare, può spingere l’adolescente a tentare sempre di nuovo di «far ragionare» l’adulto ed eventualmente a provare a fare di testa sua, nel caso i suoi argomenti non trovino ascolto, fino ad arrivare a soluzioni estreme, come ad esempio scappare di casa. Quando l’adulto si rende conto di trovarsi di fronte ad una situazione nuova, capisce anche che provare a porsi come ha fatto fino a quel momento significa andare incontro ad un insuccesso. È perciò necessario sapere quale atteggiamento tenere di fronte a questa novità.
Non è facile cambiare registro quando i bambini diventano adolescenti. È un passaggio simile ad un cambio di stagione; se nell’armadio non ho un abito adatto, sono costretto a tenermi addosso quello che ho e rischio di prendermi qualche malanno. Quando i bambini diventano adolescenti, l’adulto spesso si accorge che il suo abito mentale non va più bene e non ne ha uno nuovo da indossare. Per correre ai ripari è necessario anzitutto rendersi conto che a questa età il giudizio formulato dall’adulto è destinato ad essere contestato e che questa è la normale manifestazione del nascere della facoltà di giudizio autonomo. Di conseguenza è bene smettere di dire agli adolescenti come dovrebbero comportarsi. In questo delicato momento evolutivo l‘orientamento che l’adulto può dare consiste nell’aiutare i ragazzi a raccogliere gli elementi necessari per formulare un loro punto di vista sull’argomento in questione. Nel caso della ragazza che voleva andare a studiare in un’altra città, un amico di famiglia si mise a ragionare con lei su tutto quanto era necessario per realizzare la sua idea, facendole domande ben determinate. Ne aveva già parlato agli amici presso cui avrebbe voluto vivere? Cosa ne pensavano? Quanto sarebbe costata la stanza? Quanti soldi le sarebbero serviti per vivere in quella città? Si era già informata sulle scuole tra cui scegliere? Aveva già idea di quella che avrebbe voluto frequentare? Intendeva andare a visitarla? Cosa comportava dal punto di vista amministrativo e burocratico il trasferimento da una scuola all’altra? Attraverso simili domande la ragazza arrivò da sola a concludere che la cosa non era possibile, senza bisogno di contrapporsi agli adulti: si era resa conto di non avere ancora la capacità di gestire da sola tutto quanto andava considerato. In questo modo l’attenzione si era spostata dalla contrapposizione con il punto di vista della madre all’esercizio dell’osservazione per la formulazione di un giudizio autonomo. Questo esempio ci aiuta a comprendere che il nuovo abito mentale da sostituire a quello che l’adulto ha avuto con i bambini prima dell’adolescenza deve spingerci a raccogliere insieme ai ragazzi elementi oggettivi piuttosto che formulare un giudizio, così che possano sentire, attraverso il confronto e la discussione, di essere liberi di pensare con la propria testa e allo stesso tempo di essere aiutati dall’adulto a formulare giudizi adeguati alla realtà che li circonda.

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