Per gli studiosi della FILOSOFIA DELLA LIBERTÀ
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Rudolf Steiner sulla sua FILOSOFIA DELLA LIBERTÅ
Monografia di un libro a cura di Otto Palmer
Sono ormai trascorsi più di 70 anni dalla prima edizione della Filosofia della libertà. Rudolf Steiner attese 25 anni prima di decidersi per una nuova edizione. Nelle Considerazioni episodiche relative alla nuova edizione della Filosofia della libertà Rudolf Steiner ebbe a dire:
«Sarebbe pur sempre stato possibile in tutti questi anni ripubblicare nuovamente la Filosofia della libertà. Non dubitavo affatto che nel corso degli anni se ne sarebbero potuto vendere molte copie, ma il solo risultato sarebbe stato appunto la vendita del libro. A me però non importava tanto che i miei libri più importanti se ne andassero per il mondo in un certo numero di esemplari, ma che fossero compresi e accolti secondo il loro intimo impulso».
Molte edizioni sono apparse dopo che furono pronunciate simili parole. Sembra giunto quindi il momento di raccogliere quanto Steiner stesso ha espresso a voce o per iscritto con l’intento di far comprendere il libro e per metterne in luce il vero impulso.
Infatti, su nessun altro dei suoi libri Rudolf Steiner si è espresso tanto spesso e meticolosamente come sulla Filosofia della libertà. Egli non soltanto la menziona come fa per altri suoi scritti, non solo dà indicazioni stimolanti, ma sempre di nuovo e dai punti di vista più diversi accenna a ciò che con questo scritto è stato inaugurato, voluto, si potrebbe dire iniziato. Dall’accluso compendio cronologico emerge che dal 1905 in poi fino alla sua morte non passa anno che non venga fatto accenno a questo che può essere considerato a tutti gli effetti il suo primissimo lavoro. Il compendio inoltre non ha alcuna pretesa di completezza. Esso, per poter contenere tutto quanto è in tal senso registrabile, richiede ancora un completamente ad opera di altri. Si tratta di un lavoro che può venir ripreso in ogni momento. Tuttavia si può dire che in esso è contenuto l’essenziale.
La Filosofia della libertà, come la stessa antroposofia, è una via, cioè un metodo. Esso è tale da condurre con mezzi filosofici all’esperienza di un pensare indipendente dall’organizzazione animico-corporea. Esso non può quindi rimanere mero pensiero, ma deve divenire esperienza sulla base «dell’os-servazione animica». È questa anche la prima esperienza che l’uomo può compiere del sovrasensibile, la seconda è l’intui-zione morale, alla quale accenna il capitolo: «La fantasia morale».
In questa esperienza vi è l’unica confutazione possibile del materialismo, sia di quello occidentale-scientifico sia di quello orientale-dialettico. Entrambi non si lasciano confutare con obiezioni logiche. Il complesso di pensieri da essi costruito è infatti troppo chiuso in se stesso e non mostra alcun varco in cui potersi inserire per scuoterne così la posizione. Ci si può opporre soltanto con l’esperienza rafforzata e del tutto fondata in sé, vale a dire attraverso un fatto: quello del sovrasensibile nel pensare. Di tale esperienza non si può discutere con coloro che non possono o non vogliono compierla, come nemmeno si discute di colori e luce con il cieco, che per mancanze o difetti della sua organizzazione corporea non può percepire. L’espe-rienza del pensare puro è però una questione di «buona volontà» (Filosofia della libertà, O.O 4).
Come l’uomo si strutturerà in futuro dipende in modo decisivo da come oggi egli intende se stesso. Dal modo in cui pensa se stesso, l’uomo forgia infatti la sua forma futura. Angelus Silesius poteva ancora dire: «Uomo, verrai trasformato in ciò che tu ami. Ama Dio e diventerai Dio, ama la terra e diventerai la terra». Oggi non è più primario quel che l’uomo ama, bensì quel che egli pensa. L’uomo si forgia secondo l’immagine che egli stesso ha di sé nei suoi pensieri. Le parole del mistico di Slesia dovrebbero quindi venir così mutate: «Uomo, in ciò che tu pensi verrai trasformato. Pensati spirito e lo diventerai, pensati soltanto corpo e animale diventerai».
La questione se abbia ragione la concezione materialistica dell’uomo e del mondo o quella spirituale in realtà non è un fatto di conoscenza, ma piuttosto di volontà.
Si vuol considerare l’uomo come essere tripartito in corpo, anima e spirito? O come essere costituito di corpo e anima, della quale sono proprie alcune qualità spirituali? O solamente come essere corporeo dotato di alcune qualità animiche? Soltanto l’uomo può e deve decidere su tali questioni.
Chi è in grado di riconoscerlo, riconoscerà pure che la Filosofia della libertà, da come pone storicamente la questione, esula dalla sfera di tutte le teorie ed è inserita nella decisiva prospettiva futura dell’evoluzione umana. Essa conduce infatti al superamento non teorico ma pratico del materialismo.
A chi la studia offre la possibilità di svilupparsi in uno «spirito libero». Il materialismo invece, mediante l’ereditarietà ecc., vuol fare dell’uomo un essere sempre più determinato, fondamentalmente non libero e prossimo all’animale. Esso lo vuole e – di ciò si può essere certi – anche lo può.
Chi vuole quindi cooperare ad una futura configurazione spirituale e tripartita dell’essere umano deve attivare il suo pensare, porsi egli stesso interiormente in movimento. Il percorrere una via richiede infatti che ci si incammini e non si rimanga fermi. Se non ci si può decidere in tal senso si assomiglia a chi, pur conoscendo bene un percorso per averlo meticolosamente studiato sulla cartina, non lo voglia ora intraprendere. Egli si accontenta dello studio della cartina ed è soddisfatto di ciò. Non si può d’altronde negare che anche la Filosofia della libertà si lasci leggere in tal modo: dove sarebbe altrimenti la libertà?
Ma questo comporta che lo studio della via battuta da Steiner assuma un carattere maggiormente teorico. Questo, entro certi limiti, è del tutto giustificato. Tuttavia questo procedere nasconde in sé un pericolo. Quello di indurre a indagare e a studiare le citazioni di uno Spinoza, di un Fichte, di un Hamerling e di altri più di quanto sia richiesto per lo studio della Filosofia della libertà. Questo modo di procedere è stato senz’al-tro attuato nel volume Enigmi della filosofia, che pertanto porta un carattere maggiormente storico.
Le citazioni che incontriamo nella Filosofia della libertà invece perseguono un tutt’altro scopo, che diverrà evidente qualora si omettano i nomi dei filosofi citati, prendendo i pensieri per se stessi senza riferimento alcuno al loro autore. Ciò non modifica nulla della struttura del libro. Queste citazioni hanno in parte lo scopo di opporre resistenze, il cui superamento tempra la forza del pensiero, in parte quello di favorire l’accendersi di un pensiero nuovo o quello d’impedire al pensiero di prendere una falsa direzione. Esse adempiono del tutto tale scopo nella misura cui accenna Steiner. Per lo stesso motivo Rudolf Steiner non ritenne nemmeno necessario, nell’am-bito di questo testo, confrontarsi con la nuova filosofia, poiché «per quel che deve esser espresso nel mio libro, non è necessario accogliervela». Segue poi l’accenno a Enigmi della filosofia, dove si è provveduto ad un tale confronto.
Se ci si lascia però guidare e condurre dalle citazioni nel modo accennato, allora ci si accorge come l’atteggiamento del pensiero in questo scritto non sia logico-astratto, ma solleciti piuttosto un pensiero dinamico, si sarebbe quasi tentati di dire un’euritmia di pensiero. Abbiamo a che fare con una filosofia che è arte di pensiero.
Chi s’immerga in questa dinamica di pensiero deve attivare la sua volontà. Scaturisce così quella volontà-pensiero alla cui necessità Rudolf Steiner ha sempre di nuovo accennato. Se il lettore riesce a sviluppare questa volontà-pensiero, dipenderà poi soltanto da lui il grado d’intensità che riuscirà a darle, poiché la crescita in tal senso è illimitata.
Egli percorre così la via precedentemente battuta da Steiner. In che senso egli valuti questa via non come «la» via, bensì come «una» via, emergerà dalle citazioni che seguiranno.
Lungo questo percorso l’uomo fa due incontri importanti: l’uno lo conduce al suo proprio essere, a se stesso, è l’incontro con se stesso, l’altro lo unisce all’entità del pensare. Sulla base di questi due incontri l’uomo sperimenta se stesso all’interno dell’entità-pensiero. Egli diventa quindi un’individualità che vive in un moto pendolare tra le idee di natura conoscitiva, universalmente valide, e le idee morali massimamente individuali. In altre parole egli impara a trasformare l’idea in ideale. L’idea della libertà si offre al suo conoscere, sta a lui farne impulso della sua volontà. Allora l’idea è diventata per lui un ideale.
Se in tal modo egli diventa cosciente della sua individualità, che è di origine sovrasensibile, allora ha fatto quanto gli è possibile per sviluppare l’anima cosciente con mezzi filosofici. Sull’individualità e sulla morale da essa creata e generata, Rudolf Steiner vuole sia fondata la società umana. Questo viene indicato da molte delle sue espressioni.
Chi si elevi all’individualità così com’è intesa dalla Filosofia della libertà si è al contempo conquistato il talento necessario per trovare i concetti e le idee adeguate alle manifestazioni del mondo. Egli stesso si è elevato all’ideale dello «spirito libero» e lavora per la sua realizzazione. I suoi sforzi in questa direzione portano inoltre altri frutti: egli ha acquisito l’organo – l’intuizione – capace di sviluppare non solo idee proprie, ma anche di accogliere in sé quelle di un suo simile come fossero le proprie. Egli è quindi in grado di spegnere il proprio mondo di idee e di lasciar risplendere in sé quello di un altro. Si conquista così la capacità di comprendere il suo simile, diventando con ciò un essere sociale.
Egli trova così il passaggio dall’anima cosciente, l’apice dell’individualismo, al Sé spirituale, nel quale soltanto sono da individuarsi le soluzioni per le problematiche sociali, sia per le grandi che per le piccole cose. Basti per ora questo accenno. L’autore ha cercato di trattare estesamente questo problema altrove (vedasi “Bibliografia essenziale” – pag. 173).
Ora credo sia opportuno menzionare i lavori più importanti elaborati in seguito alla Filosofia della libertà.
Si tratta soprattutto del lavoro di Carl Unger. Quanto Rudolf Steiner valutasse la sua opera emerge da una considerazione contenuta nella conferenza Filosofia ed antroposofia. Riportiamo per esteso il passo in questione, poiché non vi si caratterizza soltanto l’operato di Unger, ma si accenna pure a qualcosa che è importante per il lavoro antroposofico.
«L’attuale scienziato nulla sa del fatto che la vera scolastica altro non è se non la profonda elaborazione dell’arte del pensiero, così che questa possa formare un fondamento per la reale comprensione della realtà. Dicendo questo credo capiate quanto sia benefico che proprio all’interno della Società Antroposofica emergano aspirazioni che nel senso migliore anelano all’elaborazione di principi teorico-conoscitivi. Se proprio qui a Stoccarda abbiamo uno studioso (Dott. Carl Unger) che è d’importanza straordinaria in questo ambito, ciò è certo da considerare come una sorta di corrente benefica all’interno del nostro movimento. Non saranno infatti coloro che vogliono unicamente sentir parlare dei fatti dei mondi superiori a far apprezzare nel mondo il nostro movimento nelle sue parti più profonde, quanto piuttosto coloro che hanno la pazienza di penetrare in una tecnica di pensiero che crea una base reale, quasi uno scheletro, per il lavoro nel mondo superiore» (O.O.35).
La Filosofia della libertà era immanente al pensare di Unger. Tutte le sue pubblicazioni (vedasi “Bibliografia essenziale” – pag. 173) lo testimoniano. Ultimo frutto del suo lavoro di pensiero è il libro: Dalla parola dell’anima cosciente, dove si occupa di quelle Massime che Rudolf Steiner comunicò alla Società Antroposofica dopo il Convegno di Natale. Anche qui la Filosofia della libertà opera in modo immanente nei primi capoversi. Il libro viene esplicitamente trattato considerando le Massime 109, 110 e 111.
«109. Rendersi ben consci dell’attività di Michele nella connessione spirituale del mondo significa sciogliere, fin dove è necessario all’uomo sulla terra, l’enigma della libertà umana, partendo dai rapporti cosmici.
110. Invero la “libertà”, come fatto, è data immediatamente a ciascun uomo che intende se stesso nel periodo attuale dello sviluppo dell’umanità. Nessuno, a meno che non voglia negare un fatto evidente, può dire: “la libertà non esiste”. Ma si può trovare una contraddizione fra ciò che in tal modo è effettivamente dato e i processi del cosmo. Osservando la missione di Michele nel cosmo, questa contraddizione cade.
111. Nella mia Filosofia della libertà la “libertà” dell’essere umano nell’epoca attuale si trova dimostrata come contenuto di coscienza; nelle descrizioni della missione di Michele che sono date qui si trova il “divenire di questa libertà”, fondato cosmicamente».
Da qui in poi Unger cita e tratta sempre di nuovo quest’opera di Steiner, anche in modo esplicito. Chiama il capoverso 52 «l’elemento micheliano» della Filosofia della libertà».
Alcuni accenni ai lavori di Büchenbacher, Leiste, Hiebel, Stockmeyer, Witzenmann ed altri si trovano a pag. 174 (“Bibliografia essenziale”).
Se in Scienza occulta si afferma:
«Questi scritti (Linee fondamentali di una gnoseologia della concezione goethiana del mondo; La Filosofia della libertà) rappresentano un gradino intermedio estremamente importante tra la conoscenza del mondo dei sensi e quella del mondo spirituale, e offrono quello che il pensiero può conseguire quando si eleva al di sopra dell’osservazione sensibile, sebbene ancora eviti l’accesso all’indagine spirituale. Chi fa agire questi libri sulla totalità della sua anima si trova già nel mondo spirituale, solo che questo gli si offre come mondo di pensiero»,
allora quanto così è espresso si lascia precisare in virtù di un pensare educato dalla Filosofia della libertà e dalle idee che in essa si possono acquisire.
L’uomo ponendosi di fronte al mondo dei sensi viene assalito da impressioni percettive. Egli se ne può difendere unicamente elaborando i concetti che appartengono a queste percezioni. La percezione gli è data, deve trovare il concetto che gli è connesso.
Quale «percezione superiore» all’interno della percezione si trova il pensare. Osservato e pensato sono in questo caso qualitativamente uguali. Il pensare si afferra nell’uomo, l’uomo afferra il proprio sé nel pensare. Qui non c’è né qualcosa di dato, né qualcosa da trovare. Qui esiste soltanto attività – del pensare da un lato, dell’uomo dall’altro; entrambi afferrano se stessi in questa attività. Si ha a che fare con un mondo di pensiero in sé conchiuso.
In questo mondo di pensiero l’uomo vive dentro delle realtà – quella del pensare e quella di sé in quanto Io. Il vivere in questo mondo di pensiero determina la doppia natura dell’uo-mo, poiché lo separa dal mondo e dalle altre creature, ma anche ve lo riunisce, poiché nel pensare egli afferra il lato interiore della manifestazione. Questo mondo di pensiero offre perciò la possibilità di elaborare tutti i concetti e le idee necessari alla comprensione del mondo sensibile.
L’antroposofia, che originariamente si presenta come idea, forma all’interno di questo mondo di pensiero quei concetti e quelle idee che lo scienziato dello spirito sviluppa per e nella percezione spirituale. Finché egli comunica i pensieri agli uomini, essi rappresentano il dato. Ciò che manca è la percezione corrispondente.
Da un lato l’uomo sta così nel mondo sensibile come in una mezza realtà, dove gli mancano i concetti. Egli vive in un mondo di pensiero in sé conchiuso, che reca in sé concetto e percezione. Entrambi i fattori devono esser afferrati mediante la stessa volontà di pensiero, allora osservazione ed intuizione coincidono. Dall’altro le idee gli sono date dal mondo spirituale, e mediante esse viene inserito in questo mondo spirituale come in una mezza realtà. Ciò che gli manca è la percezione corrispondente. L’educazione scientifico-spirituale vuol condurlo a questa percezione.
Nella conferenza citata, Rudolf Steiner descrive la situazione in cui si trovò all’interno della Società Teosofica:
”Non si veniva affatto considerati per quel che si dava, bensì in base a slogan e a schemi (…) In fondo era del tutto indifferente quanto io dicevo, (…) o io stesso pubblicavo. Certamente la gente lo leggeva. Ma che si legga qualcosa non significa ancora aver colto qualcosa; (…) ciò che si giudicava non era quel che dicevo o quel che era scritto nei miei libri, ma quanto l’uno si era costruito in sé come mistica, l’altro come teosofia, un terzo come questo, un quarto come quello (…). Ciò non rendeva affatto attraente l’idea di una ristampa della Filosofia della libertà”.
Ecco accennata l’incapacità di penetrare nella struttura di pensiero e nelle idee di un altro. Si collega ad una parola quel concetto che si è abituati collegarvi. Simili abitudini di pensiero si oppongono alla comprensione del pensare altrui. Strappare l’uomo alle sue abitudini di pensiero è una delle tante intenzioni cui mira la Filosofia della libertà. Se ci si lascia condurre da essa, se si penetra nel suo interiore movimento di pensiero, allora si potrà arrivare ad una formazione di concetti del tutto esatta. Ma questo non è ancora sufficiente. Anche se, per esempio, si riesce a immaginare il concetto di «corpo eterico» in modo consono alla modalità di pensiero propria di Steiner, evitando cioè di rappresentarselo come materia rarefatta, ovvero in modo fisico, esso rimane, similmente ad altri concetti, semplicemente per se stesso. Vale a dire che questi concetti non si uniscono a formare un tutto organico. Allora si dispone certamente delle parti, manca però il collegamento spirituale. Questo collegamento spirituale ve lo intesse unicamente la volontà pensante. Ad essa si deve l’inserimento dei singoli concetti e delle idee nella totalità del mondo del pensare.
Che cosa questa volontà pensante rappresenti per l’uma-nità intera e per l’educazione occulta del singolo Rudolf Steiner lo ha espresso spesso ed esaurientemente.
Raccogliere le sue molteplici osservazioni sulla Filosofia della libertà mi è parso essere un obbligo, considerando che questo libro corre il rischio di venir trattato come si è usi trattare anche altre filosofie. In questo caso la filosofia accademica dimostra un notevole istinto di conservazione nel non prendere minimamente in considerazione un testo simile. Esso infatti rappresenta in un certo senso la fine della filosofia e crea il passaggio a qualcosa di totalmente nuovo. I compiti filosofici che permangono ormai da risolvere sono nel libro caratterizzati a sufficienza.
Quest’obbligo è più forte della mia preoccupazione che questa raccolta possa a sua volta favorire quell’altro rischio: che il lettore si accontenti cioè di accogliere ora semplicemente per conoscenza queste citazioni di Steiner e sentirsi legittimato a non sviluppare la volontà pensante. Questo pericolo va messo in conto.
Se, a dispetto di tutte queste considerazioni, ci si accinge alla raccolta e alla pubblicazione di quanto Steiner stesso ha detto sulla sua Filosofia della libertà, ci si troverà di fronte alle più grosse difficoltà.
Vista l’abbondanza di scritti e conferenze, la raccolta del materiale può protrarsi per diversi anni prima che se ne possa disporre per intero. E’ quindi del tutto evidente che con questo lavoro si è compiuto solo un primo passo, reso a sua volta possibile grazie al contributo di altri (vedi appendice). Vogliano altri portare a termine quanto iniziato.
La difficoltà successiva è data dal problema: quale estensione deve avere una citazione quando non si tratti di casi – invero molto rari – in cui l’esposizione risulti di per sé conchiusa? ovvio che si preferirebbe riportare per esteso l’intero contesto, allora però il libro si gonfierebbe inevitabilmente diventando un vero «mattone». E anche questo va evitato.
Inoltre: non si può semplicemente far valere un ordine cronologico, come senz’altro si è fatto per il «compendio provvisorio». Si deve ordinare il materiale disponibile secondo determinati punti di vista. A prescindere dalle diverse possibilità di un simile raggruppamento – noi abbiamo optato per quello qui riportato -, rimane comunque il dilemma: sotto quale punto di vista ordinare il singolo passo che viene citato? Si può inoltre constatare che ogni citazione si lascia ordinare anche in altro modo. Nessuna disposizione si dimostra «necessaria»; poiché nessuna esclude le altre. Questo è interamente dovuto alla natura della cosa stessa. E poiché non vi è una soluzione oggettivamente univoca, ci si deve decidere – come avviene qui – per una delle tante possibili.
La prima parte mostra in breve il «prologo» – la dissertazione presso Heinrich von Stein a Rostock e Verità e scienza. Segue la lettera a Rosa Mayreder, che appartiene ai documenti umanamente più diretti e gradevoli di Rudolf Steiner. Una osservazione tratta da La mia vita getta luce sulla parte che spetta a Rosa Mayreder nel divenire della Filosofia della libertà.
Si confronti le espressioni contenute in questa lettera con quanto dice Steiner:
«Io riportavo per iscritto i pensieri che mi erano stati donati dal mondo spirituale fino al compimento del mio trentesimo anno di età» (La mia vita)
e ancora:
«Non è affatto un’opera personale» (La saggezza dei rosacroce – 19.05.1907).
Non temiamo di accennare esplicitamente a queste «contraddizioni», motivo di meditazione per gli amici e di trionfo spicciolo per gli oppositori. Il resto del capitolo riporta il percorso evolutivo del libro, come questo si presenta al suo autore in uno sguardo retrospettivo trent’anni più tardi.
Era necessario trattare «Le finalità» come un capitolo specifico? Ovviamente, poiché si toccano al contempo gli aspetti più diversi nei periodi più diversi. Viene pensata la conformazione artistica del libro. I capitoli «Nuovo pensare» e «Nuovo volere (fantasia morale)» toccano il punto cruciale del libro. Essi sfociano nella conferenza Nuovo pensare, nuovo volere (Stoccarda, 6.2.1923), che è riportata quasi per esteso. Quanto penetra nel mondo con il «nuovo volere», inteso come individualismo etico, mostra nel capitolo successivo il suo «aspetto sociale». Tra loro si inserisce la descrizione ben cesellata della «sfera della libertà».
Dopo di che è alquanto opportuno accennare all’impulso della libertà come ad una componente essenziale del compito che attende l’umanità nella quinta epoca post-atlantica. Questo è certamente il motivo dominante della conferenza Considerazioni episodiche relative alla nuova edizione della Filosofia della libertà (Dornach 1918), a cui si è qui rinunciato (pubblicata in Sintomi storici). Le osservazioni in essa contenute sono senz’altro quanto di più importante ed ampio Rudolf Steiner abbia espresso su questo tema.
Ampio spazio viene riservato al capitolo in cui la Filosofia della libertà viene caratterizzata come «libro di esercizio». Si possono chiaramente distinguere tre fasi: attorno al 1907 viene messo in luce il nesso con l’insegnamento rosicruciano, attorno al 1910 emerge il ruolo all’interno dell’insegnamento antroposofico, dopo la nuova edizione del 1918 emerge sempre più il compito di portare ad una comprensione scientifico-spirituale del mondo quel che il pensare scientifico moderno rappresenta per la formazione umana.
Seguono alcune «dispute» con critici, pensatori di diversa concezione e avversari. Dopo aver respinto con forza gli attacchi provenienti da ambienti religioso-tradizionali deve apparire tanto più sorprendente il fatto che nell’ultimo capitolo si parli del carattere «paolino» di questa «teoria» della conoscenza e infine venga alla luce il carattere di resurrezione di questa praxis della conoscenza.
Quanto più a lungo ed intensamente ci si occupi del materiale qui raccolto, tanto più si è propensi a dare a questo lavoro il titolo: «Rudolf Steiner chiede comprensione per la sua Filosofia della libertà».
Wolfhalden, 11 luglio 1964
Otto Palmer
Un commento
Vincenzo Lanza
Vorrei avere indicazioni per acquistare il libro di Otto Palmer sulla filosofia della libertà di R. Steiner . Grazie