Vogliamo un’altra scuola o un’altra educazione?
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Un’idea che dovrebbe animare tutti gli insegnanti di qualunque scuola o grado è che l’insegnamento dovrebbe preparare alla vita stando nella vita. Di fatto negli ultimi decenni ci siamo abituati a ritenere del tutto normale rinchiudere i nostri bambini entro mura scolastiche all’interno delle quali si trova ben poco di ciò che c’è nel mondo. Il mondo curiosamente, entrando nelle scuole, si trasforma come per incantesimo in racconto astratto, formula, definizione, così che i nostri bambini vivono una costante lacerazione tra ciò che la scuola li obbliga a fare e a imparare a memoria, adducendo mille ragionamenti a favore della propria proposta, e quello che il mondo nella sua concretezza è sempre stato. In tal modo non si fa alcuna esperienza delle attività manuali vere (quelle cioè grazie alle quali si produce qualcosa di bello e di utile per la vita e non soltanto qualcosa di decorativo), non si pratica l’arte (non intesa come semplice espressione di sé, ma come esercizio per lo studio della bellezza del mondo) e tutto sembra ridursi ad addestramento, a valutazione che intimorisce o sprona alla competizione. In generale resta insoluta la questione che riguarda la comprensione profonda dell’essere del bambino, a favore di una dottrina dell’uomo che viene amministrata attraverso un catechismo e che poco ha da dire all’animo infantile.
Che tutto ciò produca disagio in grandi e piccoli è evidente. Di fronte a questi fatti ci si può chiedere come intervenire per risanare questo o quell’istituto scolastico, ma anche come si può dare vita a iniziative che si fondino fino dal loro sorgere su idee più sane e adeguate alle esigenze dei bambini. Vogliamo qui indicare sinteticamente alcune idee guida che ci sembrano particolarmente importanti per il futuro .
L’ambiente domestico è il primo luogo di apprendimento del bambino. La vita casalinga, per millenni e fino a qualche decennio fa, è sempre stata animata dalle attività più diverse, la cui ricchezza e varietà è andata di recente perduta in seguito all’affermarsi delle tecnologie sviluppate nella seconda metà del secolo scorso. Se questo ha costituito un enorme progresso per la vita adulta, d’altro lato è stata una grave perdita per la vita del bambino. Dobbiamo perciò rimediare a questa perdita e restituire anzitutto ai bambini un contesto di vita domestica ricco di attività sensate, grazie alle quali il bambino possa vedere come l’Uomo, principalmente grazie alle sue mani, trasforma le risorse naturali di cui dispone per farne qualcosa di utile per la propria vita.
Il gioco del bambino è un’attività molto seria che l’adulto fatica a comprendere in tutta la sua portata. La serietà che il bambino ci mette nel gioco, se bene intesa e coltivata in modo sano, si trasformerà nella serietà dell’adulto che lavora. Il rapporto tra gioco e lavoro è molto più profondo di quanto oggi non si riconosca. Ma bisogna anche considerare forme di lavoro non alienato, nelle quali l’individuo possa realizzare se stesso mettendo le proprie competenze al servizio della comunità con soddisfazione di tutti. Per trasformare il nostro attuale concetto di lavoro così che possa indicare un’attività che l’adulto svolge con soddisfazione a favore della propria comunità è necessario anzitutto aiutare i nostri bambini a giocare secondo principi e regole che preparino tale trasformazione. I primi anni di scuola perciò dovrebbero essere impiegati non solo per sviluppare le prime capacità legate alle materie curriculari tradizionali, ma anche per imparare a giocare dandosi delle regole e seguendole di buon grado, non per imposizione esterna ma per volontà propria.
Un altro aspetto fondamentale per il futuro dell’educazione e dell’insegnamento è costituito dalla capacità di ascolto profondo dell’adulto. Troppo spesso gli adulti sono convinti di sapere cosa è giusto per i bambini ancora prima di averli ascoltati, o si convincono di poter decidere istante per istante cosa fare con loro sulla base delle loro risposte esteriori. Gli educatori e gli insegnanti devono esercitarsi ad ascoltare attentamente ciò che bambini e ragazzi dicono loro e domandarsi se essi li seguono volentieri o controvoglia. Chi spinge un bambino a fare malvolentieri qualcosa deve anche esercitarsi ad osservare le conseguenze del suo agire e cercare il modo per accompagnare il bambino nel suo cammino accordando la propria volontà con la sua, anziché contrapporla. A chi sarà capace di questo l’adolescenza non apparirà più come l’età della contestazione, ma come il momento magico nel quale l’adulto può cominciare a insegnare ai ragazzi a pensare con la propria testa.
Infine – Last but not least – va coltivata la preparazione degli insegnanti riguardo alle materie proposte. Si parla molto di creatività, di fantasia, di gioco, di arte e – fortunatamente – si sta facendo strada l’idea che si debba insegnare in modo da rendere l’insegnamento interessante, così da motivare il bambino. Questo però porta a volte a intrattenere i bambini con qualcosa di curioso, a volerli divertire, senza che ci sia una reale comprensione di ciò che una data materia può muovere nel bambino. E’ dunque necessario continuare ad approfondire la propria conoscenza delle materie di insegnamento e domandarsi come aiutare il bambino ad affrontare lo sforzo richiesto dall’apprendimento, per non accontentarsi di una proposta «divertente», ma offrire qualcosa che sia un vero nutrimento per l’anima.
3 commenti
Maurizio Rovini
I bambini oggi vengono aggrediti da tablet e Smart dove una mentalità consumistica priva di scrupoli attiva orgasmi schizofrenici con giochi elettronici sempre più alienati.
teresa celeste
Grazie Fabio, molto vero e interessante condivido su fb. un caro abbraccio
Carmen Valentinotti
Condivido ciò che scrivi e da sempre lavoro perchè si possa educare in questa direzione. Talvolta non è facile. Siamo come tanti Don Chisciotte… (come si scrive???) ed è importante non sentirsi soli.