QUANTE STORIE!
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Ascoltare storie è un’attività a cui ci dedichiamo spesso e volentieri. Libri, riviste, racconti, cinema, teatro, televisione rispondono ogni giorno al nostro bisogno di uscire da noi stessi e immaginarci in altri mondi e in altre situazioni. Ascoltare storie può ben essere considerata una necessità per la nostra vita interiore, come il cibo è necessario al corpo per vivere. E come la salute del corpo dipende in buona misura dalla qualità e dalla varietà dei cibi che mangiamo, così la nostra salute interiore dipende anche dalla scelta delle storie di cui ci “nutriamo”, poiché esse hanno un effetto profondo sulla nostra interiorità, anche se nella maggior parte dei casi non ce ne rendiamo chiaramente conto. E non è solo la storia in sé ad avere un effetto su di noi, ma anche il modo in cui ci viene raccontata, a seconda che la ascoltiamo dalla viva voce di un narratore, la leggiamo in un libro, la vediamo a teatro o la seguiamo sullo schermo.
Una famiglia con una bambina di quasi 5 anni si rivolse a me tempo fa per chiedermi un consiglio. La loro bambina frequentava un asilo pubblico e loro a casa avevano scelto di non avere la televisione, per sottrarsi alla passività dello schermo e impiegare il tempo libero facendo tante cose belle insieme alla loro figlia. Perciò le storie a casa loro venivano solo lette o raccontate a viva voce. Talvolta era capitato che la bambina, frequentando gli amici, avesse visto qualcosa in televisione e fosse rimasta molto impressionata, al punto di avere degli incubi per diverse notti di seguito. L’asilo che frequentava aveva organizzato di portare i bambini al cinema a vedere un film e i genitori non sapevano se tenere a casa la bambina quel giorno per proteggerla dagli effetti che le storie raccontate dallo schermo facevano su di lei, oppure mandarla al cinema con i suoi compagni, per consentirle di vivere un momento di socialità.
Questo esempio ci mostra chiaramente l’influenza che può avere il modo in cui le storie vengono raccontate. Oltre a ciò naturalmente ha molta importanza quanto viene veicolato dalle storie, indipendentemente dal mezzo utilizzato. Di questo vogliamo ora brevemente trattare.
Obiettivo dell’educazione è il pieno dispiegamento delle forze dell’anima. Il nostro tempo vuole sviluppare soprattutto il pensare fin dalla più tenera età. La capacità di ragionare viene sollecitata già nelle scuole dell’infanzia. Alle elementari si arriva addirittura a cercare di ragionare sulla vita del sentimento. Alla base di ciò c’è la convinzione che il pensiero sia la cosa più importante da educare nei bambini e che esso debba essere sviluppato fin dai primi anni di vita. Questa convinzione si rispecchia poi in molte storie della letteratura d’autore per l’infanzia che utilizzano le immagini per parlare all’intelletto[1].
L’educazione del pensare però è al suo posto quando viene sviluppata a partire dalla pubertà[2]. Prima è indispensabile occuparsi dell’educazione della volontà e del sentimento. Un pensare chiaro nasce da mani forti e abili e da un cuore sensibile alla bellezza. Volere, sentire e pensare si sviluppano gradualmente uno dopo l’altro nel corso dell’infanzia e dell’adolescenza. Un’educazione che tenga conto di ciò deve anzitutto preoccuparsi nei primi anni di vita di educare la volontà del bambino, nella scuola elementare di nutrire adeguatamente la vita del sentimento sviluppando il senso del bello e l’arte e dalla scuola media alle superiori di preparare il sorgere della facoltà del giudizio proprio del passaggio dall’infanzia all’adolescenza. Tutto questo può trovare un suo riflesso nella scelta delle storie da raccontare. Perché ciò avvenga dobbiamo imparare a leggere col cuore, riconoscendo da un lato quale messaggio venga veicolato nelle storie che scegliamo, dall’altro chiarendoci come le esigenze della vita interiore del bambino cambino col volgere degli anni.
Negli anni della scuola dell’infanzia, nei quali il bambino vive nell’imitazione e vuole ricreare nel gioco quanto vede intorno a sé, egli sente con particolare forza tutto ciò che ha a che fare con l’azione concreta nel mondo e con la bontà. Nello scegliere le storie è bene tenere conto del fatto che con il progresso adulti e bambini sono stati allontanati dalla vita a contatto con la natura e dal lavoro umano di trasformazione della materia e che per l’educazione è assolutamente necessario riavvicinarci a quanto per millenni ha costituito il fondamento della civiltà umana. Perciò il nostro primo obiettivo è riavvicinare il bambino ai regni della natura da cui è stato allontanato. Il suo bisogno di conoscere e sperimentare tutto quanto lo circonda e il suo atteggiamento animista possono trovare nutrimento nell’ascolto di storie che raccontano come gli esseri del creato compiano gesti che promuovono la vita e l’armonia tra le creature, la cui attività principale è volta a trasformare la materia per la vita quotidiana. Per scegliere tali storie – o per inventarle –è bene formarsi con vivacità le immagini da esse proposte e domandarsi se quanto raccontano si ricollega immediatamente e in modo non artificioso a ciò che ha avuto senso per l’uomo attraverso i secoli e i millenni, oppure se è solo il frutto di una fantasia legata alla cultura contemporanea. Vicende nelle quali i personaggi svolgono attività pratiche sensate che parlano del rapporto dell’Uomo con la terra, con i regni della natura, con gli elementi sono il nutrimento migliore per l’anima del bambino piccolo. Le azioni compiute dai personaggi della storia vengono interiormente imitate dal bambino, costituiscono un insegnamento morale implicito e sono di ispirazione per i suoi giochi di ruolo. Ciò che importa non è fare discorsi su ciò che è buono, ma mostrare – nella vita di tutti i giorni come nelle storie – comportamenti e atti buoni. I racconti popolari tradizionali (fiabe, leggende, saghe, miti) costituiscono in tal senso un patrimonio narrativo inesauribile, ma hanno anche valore i semplici racconti che possiamo noi stessi inventare in cui gli animali, le piante, gli esseri della natura e degli elementi, mantenendo caratteristiche reali ben riconoscibili e senza diventare personaggi fantastici, vivono vicende che parlano al cuore del bambino di ciò che è buono[3].
Lo stato di coscienza del bambino si trasforma nel corso degli anni, passando da una condizione nella quale tutto è azione (motivo per cui l’adulto deve preoccuparsi di circondare il bambino con buoni esempi) ad uno stato d’animo estetico a partire dal quale tutto può essere vissuto in forma artistica. Con la cosiddetta maturità scolare si liberano nel bambino forze di apprendimento che oggi vengono indirizzate prematuramente allo sviluppo del pensare. Tali forze dovrebbero invece essere stimolate grazie a un approccio all’insegnamento di tipo artistico piuttosto che intellettuale, per poter arricchire la vita del sentimento prima di tutto attraverso l’attività pratica, l’esercizio del lavoro manuale e delle arti, oltre che da uno studio artistico delle materie curicolari. A questa età perciò è bene che le storie, oltre che raccontare con fantasia e senza fantasticheria di azioni buone compiute dagli esseri più diversi, comincino a raccontare sempre meglio ciò che l’Uomo insieme ad altri fa nel mondo, del mondo e per il mondo in cui vive.
Il grande proliferare di storie per l’infanzia e per ragazzi, l’enorme sviluppo della letteratura fantasy e horror pongono oggi agli educatori una questione che non si era mai presentata prima d’ora: quanto le storie di cui nutriamo i nostri bambini contribuiscono a sviluppare in loro un sano senso della realtà e quanto invece li allontanano da essa? Quanto li educano alla tolleranza, all’ascolto, al rispetto, all’iniziativa, alla vita sociale e quanto invece alimentano in loro il solipsismo, la paura, la sfiducia, l’egoismo? Di fronte a tali questioni una soluzione è attingere al patrimonio narrativo della tradizione popolare passando dalla filastrocca alla foletta, per proseguire con la fiaba, con le storie della creazione, le storie degli dei e degli eroi, le leggende, fino a cominciare con lo studio della storia propriamente intesa. La saggezza popolare infatti ha da sempre nutrito in modo sano chi ascoltava le sue storie. Se però vogliamo rivolgerci alla letteratura contemporanea per l’infanzia, dobbiamo sempre leggere con attenzione le storie che vorremmo proporre, per scoprire se hanno un cuore, se contribuiscono a sviluppare un sano senso della realtà e una comprensione dell’altro, oppure se spingono il lettore a chiudersi in un mondo fantastico, anziché aiutarlo a vivere nel mondo di tutti i giorni in armonia con la natura e con il prossimo. Possiamo imparare a svincolarci a poco a poco dal nostro gusto personale, per cogliere ciò che di universalmente umano raccontano le storie. Per farlo dobbiamo diventare veri e propri “sommelier” di storie, dobbiamo imparare ad assaporare ogni racconto sentendone le immagini, i motivi, i messaggi e la sua corrispondenza con questa o quella età della vita. In questo modo potremo offrire ai nostri bambini narrazioni che contribuiscano ad aiutarli a rafforzarsi e a trovare la loro strada nel mondo.
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[1] Due esempi in tal senso sono Favole al telefono di Gianni Rodari e Parlare a vanvera di Bianca Pitzorno.
[2] Per motivare tale affermazione rimandiamo a L’educazione del bambino dal punto di vista della scienza dello spirito, in Educazione del bambino e preparazione degli educatori, Editrice Antroposofica Milano.
[3] Un esempio di libro d’autore che consigliamo è Sogni d’oro, Terra! di Ursula Burkhard, Daelli Editore.